Sabato 27 giugno. Non è bastato l’imperversare di un violento acquazzone ad impedire che centinaia di persone si muovessero per Torino allo scopo di opporsi apertamente al razzismo ideologico così come a quello istituzionale, il rinnovamento della guerra fra poveri che passa anche da processi di razzializzazione ed emarginazione, la militarizzazione dei territori e la violenza bruta della polizia al servizio di un potere oppressivo e sfruttatore.
Il dinamico e rumoroso corteo partito da piazza Castello, ha attraversato a passo spedito diverse vie del centro cittadino per poi concludersi al mercato di Porta Palazzo, luogo fulcro dell’assedio gentrificatore e teatro di controlli e abusi spesso perpetrati sulla base del colore della pelle.
Giovedì 2 luglio
Presidio “Italiani brava gente? Dalle guerre coloniali ai morti nel Mediterraneo”
Ore 15 in via Po 16
Di seguito il testo del volantino distribuito da alcuni compagni e compagne della F(A)T che hanno partecipato all’iniziativa accompagnati dallo striscione “Sicurezza è un mondo senza razzismo e polizia”:
Italiani brava gente?
Gli Stati Uniti delle rivolte contro la violenza della polizia contro gli afroamericani, i latinos, gli asiatici sono tanto diversi dall’Italia?
L’Italia non ha mai fatto i conti con il proprio retaggio coloniale. La lunga amnesia che circonda “l’avventura” coloniale italiana investe le strade, i monumenti, persino i trofei di un colonialismo feroce, che pur dissepolto dall’oblio dagli studi storici degli ultimi decenni, resta negletto nella memoria collettiva.
Il mito degli “italiani brava gente” è una terribile forma di negazionismo. I massacri, le torture, i campi di concentramento, l’uso di gas sulla popolazione civile sono stati negati o dimenticati.
Il razzismo riemerge e permea di se parte della società, perché la cesura della memoria rende gli orrori coloniali inattingibili.
Il retaggio coloniale, mai risolto, riemerge ed alimenta la propaganda leghista e fascista contro la gente in viaggio dai tanti luoghi dove le mappe sono ancora quelle di una spoliazione che continua in altre forme.
La pratica di abbattere, coprire o colorare statue, di modificare la toponomastica diviene oggi lo strumento di ricostruzione di una memoria collettiva colonizzata dalla rassicurante favola degli italiani brava gente.
Azioni che disinnescano i simboli concreti di una storia, di cui sono le sentinelle di marmo, bronzo, pietra.
Oggi quelle azioni non parlano al passato, ma decostruiscono il presente.
Quante volte la polizia ha assalito gruppi sociali e politici considerati “pericolosi” perché poveri, razzializzati o radicalmente critici verso un sistema sociale feroce?
La violenza sistematica della polizia nei commissariati, per le strade, nei centri di detenzione per migranti raramente affiora nei media main stream. Resta patrimonio di una narrazione sotterranea, che vive sulle panchine dei giardinetti di periferia, nei margini senza eco del web.
Quando ci scappa il morto, la vittima viene criminalizzata e i suoi assassini coperti da polizia e magistratura. Solo qualche falla nella macchina rompe il meccanismo.
Le morti nei CPR, la cui lista si è allungata negli anni, sono state affrettatamente archiviate.
Chi si ricorda del tunisino Fathi, lasciato morire nel CIE di Torino nel maggio 2008? Chi si ricorda di Vakhtang, ammazzato di botte nel CPR di Gradisca lo scorso 18 gennaio?
Nei ghetti dei braccianti/schiavi di Rosarno, Rignano, Saluzzo la polizia agisce come nei ghetti metropolitani degli States. A Rosarno i braccianti sono stati pestati ed uccisi dalle mafie dell’agroalimentare, al servizio dei padroni e protette dalla polizia.
La responsabilità è di chi ha scritto le leggi che danno il permesso di soggiorno solo a chi ha un contratto. I migranti senza carte diventano schiavi ricattabili, sottoposti ad infiniti soprusi e violenze. Se qualcuno alza la testa finisce ammazzato a colpi di doppietta. Nel 2018 a Rosarno sono morti così Sacko Soumayla, Madiheri Drame e Madoufoune Fofana.
Le migrazioni attraverso il canale di Sicilia sono costate decine di migliaia di morti. Le stragi nel Mediterraneo sono state pianificate dai governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni.
Le frontiere chiuse ai migranti, gli accordi scellerati con la Libia, la criminalizzazione dei volontari che soccorrono i naufraghi sono i tasselli di un puzzle, disegnato a Roma ed affidato ai governanti libici e alle loro bande di predoni.
La legislazione contro i poveri, le ordinanze antibivacco, gli sgomberi delle case occupate, sono parte di un dispositivo costruito per isolare e mettere sotto ricatto i lavoratori migranti.
I pacchetti sicurezza, ulteriore tassello di un meccanismo costruito per colpire la gente in viaggio, gli oppositori politici, la pratica dell’occupazione, voluti dal governo giallo-verde, non saranno cancellati da quello giallo-rosa.
In Italia i militari, promossi a poliziotti durante la pandemia, oggi sono a Saluzzo per controllare, deportare e reprimere i braccianti che arrivano per la raccolta.
A Torino hanno stretto in una morsa le strade di Aurora e Barriera, quartieri dove la povertà, la precarietà, la difficoltà a mettere qualcosa in tavola, a pagare i fitti e le bollette, già forte, è aumentata durante il lockdown.
La necessità di circolazione delle merci e delle persone, insita nella logica capitalista, ha imposto la fine del lockdown, ma non la fine dei divieti e della militarizzazione. Anzi. Non sono consentiti cortei, ma è permessa la movida, è vietato fare sciopero, ma sono consentite le messe.
Il governo si prende pieni poteri e utilizza strumenti fuori dall’ordinario. Strumenti, che, anche “dopo” restano, sino a divenire normali.
Questa “normalità” è intollerabile.”
Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21
Contatti: fai_torino@autistici.org – https://www.facebook.com/senzafrontiere.to/